CECI NES’T PAS UN PIPE
Fausto Manara e Andrea Sartori

Intervista agli artisti a cura di Paola Noe

PN Quando uno fa qualcosa di nuovo, non si accore che è qualcosa di nuovo. Pensa che tutti lo sappiano”, diceva Mikhail Gromov, matematico. Fausto, Andrea, entrambi provenite, per professione ed esperienza, da un ambito diverso da quello artistico. Entrambi siete professionisti in un campo “scientifico”, mi si perdoni il termine. Cosa significa per voi la creazione di un’opera d’arte?
FM informare è rappresentare, istruire. Persuadere è indurre a credere, a dire e a fare, attraverso un’informazione manipolata, cercare di muovere all’assenso, magari per ottenere un consenso. Con gli strumenti in mio possesso, quelli del lettore delle vicende umane, da tempo avevo in animo di scrivere sull’argomento perché il suo nucleo ci porta nell’area di quel paradiso perduto che è la libertà e nel territorio delle conseguenze psicologiche e psicopatologiche determinate dalle sue limitazioni. Ne avevo già detto in alcuni miei scritti, ma solo di sfuggita, e volevo approfondirne le origini e il senso perverso che ne sta alla base. Lo sentivo urgente, pressato anch’io dalle delusioni quotidiane di un’informazione che non informa, e dalla fatica di cogliere qualche brandello della realtà vera nel consultare una fonte e un’altra ancora e poi ancora un’altra. Fatica mai ripagata e gravata ancor più dal dover osservare che nessuna tessera del mosaico dell’imbroglio era esente dalla tentazione, quando non dal disegno, di persuadere invece che informare. Passando il tempo, il progetto mi è apparso sempre più come una lotta impari, quella stessa che si consuma tra quella piccola parte del mondo della scrittura analitica che vuole informare e quello generalizzato dell’immagine, che sovente ha la vocazione di persuadere. Via via, mi appariva sempre più inutile (e frustrante) cimentarmi con il tentativo di rendere comprensibili i meccanismi cerebrali che, addestrati giorno dopo giorno, ci rendono sempre più proni alla persuasione e ci allontanano dal pretendere di essere informati, istruiti su ciò che davvero accade attorno a noi. Avrei dovuto parlare dei tre cervelli che ci appartengono: di quanto la corteccia cerebrale (uno dei tre) non sia così libera di farci scegliere razionalmente, di come il cervello delle emozioni (il secondo) finisca per avere canali preordinati per trovare uno sbocco e dell’invadenza del terzo (quello che si chiama cervello rettiliano) che ci porta a fare scelte per lo più inconsapevoli e finisce per condizionare e sovrastare le funzioni ben più nobili degli altri due. E allora mi ero detto che la fatica di confrontarmi con simili argomentazioni avrebbe allontanato molti potenziali lettori che, invece, avrebbero continuato più facilmente a coltivare le loro abitudini: ascoltare un telegiornale, leggere i titoli della prima pagina del loro giornale preferito e dare per scontato che la realtà fosse proprio quella lì. Ero insomma prossimo alla desistenza quando un regalo di quelli che la vita sa dare mi ha offerto una chiave per aprire una nuova porta su ciò che mi assillava.
AS creare è l’esatto opposto del ri-cercare. Nel creare seguo l’intuizione, lascio che sia il risultato a dischiudersi e a mostrarsi nell’ideale vuoto che ho permesso in me; nel secondo caso, ovvero la ricerca scientifica, si parte da un pre-concetto, da qualcosa che si ritiene di conoscere già: troviamo solo risultati che cerchiamo e che ci aspettiamo. L’inaspettato nelle scienze viene scartato come non rilevante. Prendo l’inaspettato, artisticamente parlando, il non rilevante, e lascio che si metta in opera – per ora – attraverso tre espressioni: la serie coerenza cardiaca, la serie amigdala, la serie dipinti di luce.
La coerenza cardiaca (battito cardiaco armonico e uniforme nel tempo) si manifesta spontaneamente durante momenti di gioia o di sentimenti amorevoli, oppure focalizzandosi intenzionalmente su di un pensiero, evento o ricordo che induce uno stato di felicità, compassione o amore. Gli stati di coerenza partono da un vero e proprio cervello situato fisicamente all’interno del cuore che conta più di 40’000 neuroni che, diversamente da quelli cerebrali, comunicano simultaneamente. Questi mandano l’informazione ai lobi frontali – pensiero razionale – passando attraverso l’amigdala, filtro emotivo e parte del cervello limbico. Questo percorso mette in risalto, per la prima volta, la prova empirica che il Cuore elabora le informazioni prima del cervello, e che quest’ultimo è realmente solo un elaboratore di informazioni e che, come tale, può essere ri-programmato per tornare a servire il suo vero scopo: la coerenza del Cuore, non certo intesa quale manifestazione di un qualche genere di amore romantico, quanto più di un viaggio a ritroso verso il significato più Reale del concetto di Amore.
L’amigdala – che ‘filtra’ secondo i vissuti emotivi soggettivi le informazioni inviate dal cuore al cervello – è anche sede di uno strano fenomeno: un attacco epilettico in questa zona causa (o è causata da), visioni mistiche, illuminazione, stati di Grazia, il tutto indipendentemente dalla cultura o religione di appartenenza. La mia intenzione, con questi lavori artistici, tra cui i dipinti di Luce, che intendono esprimere l’illusione percettiva a cui siamo abituati, è riportare l’attenzione a ciò che le scienze e le neuroscienze sembrano ignorare a causa della sua semplicità, ovvero che l’intelletto è maschera che vela la nostra Natura Essenziale; tale Natura è ben più semplice, elegante e luminosa di quanto siamo soliti pensare di noi stessi. Il cuore – sia in senso organico sia in senso figurativo – è ciò che muove ogni nostra azione e pensiero. Ad ogni modo l’intento non è quello di dare risposte, quanto di suscitare nuove domande, auspicando un’inversione di 180° per guardare là dove finora non si è guardato.

PN Quale è stato il vostro percorso personale che vi ha condotto a diventare “artisti” a pieno titolo? Il vostro mestiere di medico psicoterapeuta e psicologo ha in un certo senso aiutato e contribuito ad avvicinarsi all’arte contemporanea?
FM Tutto è nato da un’antica passione, la fotografia, che coltivo da dilettante e che mi ha fatto scoprire nel tempo le tante evoluzioni tecnologiche che forse le hanno tolto uno spicchio della sua anima romantica, ma non ne hanno intaccato la bellezza estetica ed espressiva. Ho dovuto imparare così a non salvare più gli scatti in scaffali di rullini o diapositive, ma nel computer, e a realizzare via via che, una volta custoditi lì, poteva accadere di tutto. Per esempio, e non è un esempio a caso, di non resistere alla tentazione di portare qualche piccolo ritocco all’immagine, magari soltanto un po’ di luminosità in meno, un po’ di contrasto in più. Difatti non ho resistito, fino ad andare oltre nell’accorgermi che il contenuto e la forma di una mia fotografia potevano cambiare, che il mouse poteva diventare un pennello tecnologico e che, a quel punto, la distanza tra l’originale (la verità) e la sua manipolazione, la sua trasformazione, era rappresentata senza parole. Insomma, che senza più dover attingere ai complicati concetti dei tre cervelli, avevo uno strumento per dire della seduzione magica e maligna della disinformazione. E’ così che è nato DisinForma.
AS Le neuroscienze mi hanno mostrato proprio che la ricerca è un modo per mantenere viva un’illusione percettiva comune: che siamo esseri limitati. Non credendo a questo, ho cercato altre vie per esporre il mio credo: l’illimitato essere. L’arte permette l’espressione di qualcosa che le scienze non permettono. Andare oltre i limiti percepiti. Entrambi nelle vostre opere dimostrate una tensione forte per la costruzione di immagini. Si tratta di opere visivamente forti e imponenti, seppure astratte. Cosa vuole dire immagine oggi come oggi? Fausto Manara: Le mie opere vogliono illustrare le suggestioni del non conosciuto di un’immagine reale e dei suoi palpiti interori, che vanno al di là della fisionomia originaria e lasciano spazio all’immaginazione e all’inconscio. Decomponendo l’immagine di uno scatto nascono infatti segni, abbozzi di forme, che conducono molto più il sentire che non la mente verso nuove espressioni e nuove immagini: quelle che non appartengono più alla realtà d’origine, ma all’interpretazione propria di un particolare mondo emozionale. Quello che esprimo in tutti i lavori è sì frutto quindi dell’aver varcato per centinaia di volte le soglie di gallerie e musei, dell’aver visitato mostre, ma soprattutto dell’essere entrato in contatto con migliaia di persone che mi hanno reso partecipe di qualcuno dei loro segreti, di un pezzo della loro intimità, delle loro paure e dei loro sogni, dormienti o ad occhi aperti. E, poiché le storie degli altri hanno in sé, così spesso, frammenti simili alle nostre storie personali, dall’essere stato indotto all’esercizio del contatto con me stesso e con le mie profondità. Insomma, in ogni lavoro che propongo, se da un lato c’è la metafora della disinformazione, dall’altro ci sono molti scorci del mio lavoro di psichiatra e psicoterapeuta, ma soprattutto tanti spicchi di me stesso, del mio sentire, della mia libertà come delle mie costrizioni, dei miei dubbi, dei miei sogni, della mia felicità come delle mie paure.
AS A dire il vero il processo è duplice. In primis vi è la decostruzione, alla quale segue una nuova informazione, una sovrascrittura per intenderci. Trascorriamo la vita ingabbiati in credenze limitanti su noi stessi e sulle nostre reali capacità, ma questa gabbia non è altro che il frutto dei nostri stessi pensieri. Questi pensieri sono appresi, in primis attraverso immagini (TV, giornali, internet, youtube…) ragione per cui tento una controinformAzione. L’immagine è processata in modo molto più rapido di un discorso, quindi è un modo immediato di dialogare.

PN Anche la trasformazione, in una realtà altra, è un filo rosso nella vostra ricerca estetica. Che cosa è la realtà per voi oggi? Nelle vostre immagini sembrate volere in qualche modo de-stabilizzare lo sguardo dello spettatore quasi voleste mettere in scena un reale perturbante, che non consola gli oggi. E’ cosi?
FM La realtà è ciò che si è indotti a percepire. Proprio attraverso la non-realtà delle mie opere intendo dare allo spettatore uno strumento per giocare all’interpretazione personale del messaggio. Il fatto che tutti i lavori siano contrassegnati da due titoli: il primo riferito all’immagine della fotografia originale, il secondo all’opera presentata, non rappresenta soltanto il rinforzo della denuncia di quanto ci accade ogni giorno: il ricevere soltanto un accenno di notizie a quanto è realmente accaduto e invece un’ampia – e del tutto arbitraria – distorsione della realtà. Rappresenta anche la proposta di due realtà: l’una oggettiva e l’altra stravolta dal mio sentire, che si pongono a chi osserva come semplici stimoli perché egli possa “consolarsi” agendo la propria libertà di interpretazione.
AS La realtà non è altro che il risultato dei nostri pensieri, quindi ritengo sia confortante scoprire che ognuno di noi ne è co-creatore. Questo lascia illimitati spazi di manovra e di cambiamento. Scoprire che la percezione che abbiamo di noi stessi e del mondo è sbagliata può inizialmente perturbare, ma lo scopo è proprio quello di ampliare il nostro modo limitato di vedere, volgendo lo sguardo in luoghi fino a poco tempo fa riservati a pochi “eletti”. La Realtà è già in noi, siamo noi a doverci accedere, ognuno secondo le proprie attitudini.