TRA FILI DI LUCE

Marcello Chiarenza

 

“Nel mio lavoro subisco l’attrazione ed il fascino dello spazio, gli orientali direbbero del vuoto, quell’oceano infinito delle possibilità, il luogo senza confini in cui aleggiano le voci interiori di ogni cosa…
Lo spazio, quel mondo delle visioni che scaturiscono oltre l’apparenza, è il respiro inarrestabile della realtà… quella realtà che attraverso le sembianze del suo corpo finito, pulsa di un’energia che proviene da un abisso interno senza fine” (Marcello Chiarenza)

 

Che Mondo?

In che mondo vive dunque Marcello Chiarenza? E soprattutto, in che mondo ci fa vivere? Che mondo viviamo frequentandolo, scoprendo la sorprendente stranezza, che colpisce pur essendoci familiare, di ognuna delle sue sculture, delle sue opere teatrali, o delle sue installazioni? Ma ecco che le parole già mi tradiscono. O suonano false. L’opera protesta. Dobbiamo chiamare sculture questi oggetti viventi difficilmente identificabili? Una scala che diventa albero, almeno che non ritorni ad esserlo, una fiamma di candela che mi guarda dall’altro lato dello specchio, una barca, una caravella o navicella, che voga nell’aria, appesa al suo filo, guscio di noce sicura e protettrice quanto la cesta di Mosè, portata a filo d’acqua. Oppure come l’arca di legno che ha impedito a Noè di annegare, vogando e attraversando il diluvio al di sopra delle più alte cime, salvando dal disastro lui, i suoi e qualche animale. Ah!… Ecco la parola: creature. Sono creature. Le opere di Chiarenza una volta messe lì, vivono la loro vita. Sono davvero animate. Hanno un’anima. Una sera, uscendo da una sua mostra, mi sono chiesto cosa avrebbero fatto le sue opere finalmente sole, fra loro, la notte, quando tutti ce ne fossimo andati. In realtà, lo sapevo! Potevo per lo meno immaginarle lasciare il loro posto e riunirsi, prima con cautela, per conversare, discutere forse, o addirittura abbandonarsi a chissà quale sabba del quale non ci racconterebbero niente.

… Chiarenza coniuga l’aria, l’acqua, il fuoco, la terra. Fabbro del surreale, fa sognare i sensi. Ci prenderete gusto. E ci troverete slancio. … La luce di Chiarenza è un momento nella notte. Spesso e volentieri lunare. La sua luce aspetta l’alba. Chiarenza infatti, è un uomo, è un artista dell’alba. Dunque della nascita. Da qui la freschezza della sua opera. È questa specie di allegria, discreta, che l’abita. Così l’infanzia non è lontana. Sta tornando. Questa opera è giovane. Questo artista, alchimista, non deve niente ai grandi. E da loro non aspetta niente. Parla ai bambini, ai piccoli. Lo siamo abbastanza per sentirlo? Ma non inganniamoci. Ci vuole estro. Ampiezza, grandezza vera. Grandezza d’anima, evidentemente. E forza, senz’altro. Chiarenza sarebbe, o meglio sarà d’accordo con me? Forse no. E poco importa infine. Perché la sua opera lo supera. Ci supera. Fortunatamente. Intendo dire, con felicità.
… È un evento del nostro mondo, che l’aspettava. 

(Estratti dal testo L’aria nello specchio di Christian Gaillard Psicoanalista e Professore presso Ecole Nationale Supériore des Beaux-Arts a Parigi)