5 MOVIMENTI PER UN CORPO SOLO
Mauro Benatti

A cura di Anna Caterina Bellati, Attraverso le contrade del mito

Da sempre Mauro Benatti indaga le contrade del mito. All’inizio della civiltà il mythos non ha quella funzione di grande fascino che eserciterà in seguito, all’indomani della nascita della coscienza storica. A partire dal VII e fino almeno al I secolo avanti Cristo, fornisce semmai una spiegazione e insieme garantisce la validità del patrimonio sociale, intellettuale e morale della cultura vigente. In un passato più o meno lontano si proiettano i sogni e le aspettative della collettività, inserendole in una cornice di sacralità che in qualche misura ne legittima la forza.
Venuto al mondo in un contesto arcaico, il mito contiene non pochi elementi magici. Le cose e gli animali, i fenomeni della natura e le leggi sconosciute dell’universo vengono umanizzati. Ogni metamorfosi diventa così possibile: il luogo degli dei, degli eroi e degli uomini costituisce un unico crogiolo in cui si mescolano sacro e profano.
Di più. Fra le cose della sfera sacra e quelle della sfera profana esiste una sorta di continuità che il mito ricrea e ribadisce. Molti riti religiosi raccontati nei poemi epici riproducono nel presente una vicenda mitica, amplificandone il valore. Fra i temi trattati dal mito in primo piano ci sono la nascita e la morte, la creazione e la formazione dei cieli e di tutto ciò che contengono, l’origine degli elementi naturali, la spiegazione di ciò che risulta inspiegabile. Come il vento o l’arrivo della notte; il fuoco o la crescita delle piante. Il mondo del mito è contrapposto infatti a quello della scienza e bisognerà aspettare secoli perché l’uomo affidi le proprie conoscenze non più alle leggende, ma alla ricerca empirica. C’è ancora un altro aspetto che va preso in considerazione. Prima della codificazione delle leggi, il mito ha anche un ruolo regolatore della vita civile. I suoi divieti toccano sia l’etica comportamentale che la sfera morale. Proibisce l’incesto, protegge il matrimonio; condanna l’omicidio, favorisce l’amore; impedisce il furto e il ratto della donna altrui, accompagna gli uomini lungo il percorso della loro vita.
Questo patrimonio non va confuso con le favole che invece hanno una motivazione ludica e semmai pedagogica. Non si tratta soltanto di una diversità di contenuti, ma del diverso atteggiamento che ha la società nei suoi confronti. Il mito richiede un’adesione di fede, anticipa dunque la religione: quando dal politeismo si passa al monoteismo allora il mito si trasforma nel luogo della fantasia. Di molti miti s’impossessa la scrittura degli antichi. Omero e in seguito Virgilio arrivano, registrandoli, a storicizzarli. Così una serie di episodi un tempo sospesi tra l’assoluto e l’incerto, entrano a far parte di una prima codificazione storica. Il racconto della fondazione di Roma, per esempio, si basa su notizie inventate che poggiano su una mescolanza di miti alla base delle regole famigliari. Enea prende suo padre sulle spalle, porta il figlioletto con sé, fugge da Troia in fiamme e attraverso il vasto mare va in cerca di una terra dove fondare un impero millenario. Non vi è nulla di vero, ma da lì nasce la storia di Roma.
La medesima cosa accade al personaggio di questa mostra, Pentesilea. Nata da una costola del mito, entra di diritto nella storia perché Virgilio la inserisce nell’Eneide, il poema che appunto parte dal crollo definitivo di Troia, per giungere a raccontare la fondazione di una nuova civiltà. Intanto Pentesilea è la regina delle Amazzoni. Figlia di Ares, re della guerra e di Otrera, eredita dal padre la fierezza e l’arroganza e dalla madre la straordinaria bellezza. Quando diventa una fanciulla rivela una forza e un comportamento maschili che poco si addicono a una giovane donna dai tratti delicatissimi. La madre, preoccupata, ne parla con il suo sposo e gli chiede di trovare una soluzione. Ares decide di dare in dono alla figlia ribelle la Cappadocia, una terra dove potrà sfogare il proprio bisogno di libertà. Qui Pentesilea incontra altre fanciulle desiderose di affermare la propria indipendenza dal mondo degli uomini e insieme fondano il regno delle Amazzoni. L’unico regno femminile di cui la storia abbia memoria.
Le Amazzoni abitavano vicino a un fiume, il Termodonte, nella regione del Ponto, sulle coste meridionali del Mar Nero. Per questo, allo scoppio della guerra di Troia, il popolo delle donne guerriere decise di andare in soccorso dei troiani, per dare una lezione a quei prepotenti dei greci. La guerra procedeva a fasi alterne, si trattava di scaramucce, più che di vere battaglie. Le Amazzoni facevano spesso valere la propria superiorità. Finché un giorno Pentesilea non deve affrontare Achille che la uccide. E quando l’eroe nemico le toglie l’elmo, s’innamora di lei, ma è troppo tardi, Pentesilea è morta.
Scriveva di lei Virgilio: … Pentesilea furiosa / guidava le sue Amazzoni dagli scudi lunati / la vergine guerriera – una cintura d’oro / sotto il seno scoperto – ardeva nella mischia / ed osava combattere coi guerrieri più prodi (Eneide, 1, 570-574). I miti propri di una determinata cultura tendono a organizzarsi in cicli, legati a una terra particolare o a una speciale figura. Il lavoro di Mauro Benatti continua il mito di Pentesilea e delle sue Amazzoni. Lo scultore di Airuno ha il suo studio in un luogo di bellezza straordinaria, proprio in riva all’Adda. Di fronte vede il castello di Brivio e il paese che si avvia verso il parco naturale del fiume. Nella vecchia cascina che ospita i suoi lavori Pentesilea ha ripreso a combattere. Il suo corpo magnifico si contorce in una danza d’amore e morte declinata in disegni, rete metallica, terracotta refrattaria, pietra di Cordoba. Il suo cuore sempre all’erta lotta per non soccombere alla seduzione dell’amante che la cerca, che s’insinua nei suoi più nascosti pensieri. Benatti usa materiali di riciclo, il suo lavoro si situa tra l’arte povera e la scultura classica, con citazioni moderne. L’invenzione consiste in questo andirivieni tra la bellezza propria degli antichi e la sdrucita qualità della materia. Sassi, lamiera recuperata, rete metallica buttata da qualche parte e trovata durante uno dei suoi vagabondaggi. Dalle mani di Benatti le amazzoni ritornano a respirare pur in un mondo molto lontano dalle loro abitudini, ma hanno la stessa carnalità e insieme la stessa levità che il mito ha loro attribuito in un tempo ormai lontanissimo, eppure così vicino. Perché gli uomini, malgrado secoli di storia, continuano le loro guerre e le loro violenze e le donne combattono per preservare ciò che hanno costruito e i loro uomini distruggono.
In questa mostra l’omaggio di Benatti è rivolto alla figura femminile, alla sua bellezza e al suo eterno coraggio.