ACUTO | GRAVE: METTERE IN ARMONIA IL DISCORDE
Federica Gonnelli e Mya Lurgo

“Non è un’immagine che cerco. Non è un’idea.
E’ un’emozione che si vuole ricreare, l’emozione di volere, di dare e di distruggere” (Louise Bourgeois)

 

a cura di Martina Cavallarin

L’opera d’arte è sottoposta di continuo alla modalità della visione. L’artista lavora infatti sul che cosamostrare, pratica che attiene alla sua necessità, ma necessariamente anche sul perchée sul comeessendo l’ossessione che l’accompagna fatta di mondi sommersi e dimensioni trasposte, forse quelle della sua infanzia, della sua ricerca intellettuale oppure frutto di un voyerismo romantico, pretesto di uno sguardo che attraverso i desideri del passato si posa sul presente. Nel confronto con l’opera non ci è consentito di essere neutri, né ci possiamo rifugiare in una fruizione indifferente, ma si è costretti a guardare un poco dietro di noi, a quei passaggi che sentiamo anche appartenerci tra abbandoni e scoperte, fragilità e crescita, poesia e realtà.

Le dicotomie sono fatte di ombra e luce, di maschile e femminile, duro e morbido, crudezza e dolcezza, acuto e grave. Attraverso linguaggi e tecniche differenti e variegate impostazioni concettualiFederica Gonnelli e Mya Lurgostrutturano un’esposizione a due voci con un insieme ordinato di organismi che proclamano la forza della leggerezza, della distanza e dello spazio in un tentativo di ricerca della natura della luce e dei suoi riflessi, dei sensi accesi nell’evanescenza di una figura o nella forte presenza di un’immagine per esplorare entrambi gli impulsi dell’esistenza nella sua complessità.

Se l’arte contemporanea può essere concettuale o poetica, materica o evanescente, sconcertante o rassicurante, quella di Federica Gonnelliè indiscutibilmente impasto di tutte e due, rimando continuo a dolcezze e dolori, materia fredda e materia calda, luce e buio, cervello e pancia, trasformazione e rinascita. Infatti nell’opera dell’artista toscana traspaiono la fragilità delle forme e una necessità intima e visionaria. Il suo taglio singolare e trasparente sta nell’inseguire il frammento ricercando il dettaglio, ingrandendo o rimpicciolendo il particolare, mettendo in mostra le tracce di un evento e materializzando il passaggio specifico di una storia. Gonnelli vuole mettere in scena il mondo naturale allestendo una camera delle meraviglie artificiale e bloccata, sotto tassidermia, ingrandita da fasci luminosi e teche trasparenti, anche attraverso la paziente pratica domestica, strumenti intercettati e intercettanti che mettono in connessione opere a parete, predisposte su piedistalli e poste singolarmente o assemblate a gruppi. Il sapore è quello della Madelainedi un tempo perduto, di una fiaba ancora da raccontare con i suoi titoli da Storia Naturale come Aracne, Cristallidi, Insonne dormire,Paesaggi in situ.

Certamente a differente temperatura, ma rigidamente legata alle pratiche umane è l’opera di Mya Lurgo, artista operativa in Svizzera, che sviluppa una ricerca in cui l’opera si pone frontale e connaturata alla vita delle persone che la circondano e la esplorano. Il suo è un lavoro che si pone al di là del retinico e del pellicolare, è un’indagine che si fonda sulle “ombre sensibili” di matrice hegeliana, quelle presenze forti sebbene soltanto percepibili con supposizione e sensibilità. I suoi light box sono il frutto dell’elaborazione digitale di un corpo, di una persona conosciuta con la quale l’artista entra in un rapporto empatico che la porta a scarnificare il reale restituendolo nell’epifania dell’opera con altre vesti, altri pensieri, altre interpretazioni. Si tratta d’immagini di luce che emanano rassicurazioni e messaggi pronte ad innescare una battaglia interiore sempre in agguato, sempre seducente, sempre esente da vincitori e vinti. Mya Lurgo ama il corpo e dal corpo si discosta tangendolo sempre con la moltiplicazione della sua mente e della sua intuizione.< Dentro a ogni corpo c’è una Luce. Dentro quella Luce, c’è la Verità. Dentro quella Verità, c’è l’Amore senza circonferenze >(Mya Lurgo). La sua è un’indagine introspettiva studiata a temperatura costante, come se la sua necessità fosse quella di tenere, attraverso l’opera, un poco un filo sottile e invisibile con altre vite.InCantare la forma, titolo di un lavoro di Mya Lurgo, e’ pratica sciamanica quanto scienza ufficiale dal nome cimatica. Qui l’uso del suono e della vibrazione genera armonia o discordia, al punto tale da far crollare ponti e certezze. Il sentimento che avverto è quello di una presenza e vicinanza che scalda, il senso di un abbandono evitato mediante una trasversalità artistica che è il solo limbo possibile per mettere sotto scacco l’esistenza prima che questa voglia vincite e rivincite, esploda scalciante il suo disappunto o pratichi ancora quell’abbandono che viene rivolto imprevedibilmente, ma ineluttabilmente, a ciascuno di noi. Mya Lurgo si mette in gioco per derive trasversali sia che il soggetto rappresentato appartenga alla sua esistenza personale sia che questo attraversi da sconosciuto l’epidermide del lavoro. I suoi oggetti così come i simboli rappresentati sono uno svelamento in senso sociale ed esistenziale, un modo per praticare la sfida della perdita di matrice rinascimentale, quella che si identifica con un labirinto in cui il centro è comunque raggiungibile e rintracciabile.

L’individualità dell’artista, che si era assolutamente imposta tra Manierismo e Classicismo, è la chiave alla visione contemporanea che Acuto | Grave – mettere in armonia il discorde propone infondendo, nelle variegate sfumature della mostra, l’idea destinata a dare un nuovo ordine e senso ad un mondo indissolubilmente legato al dialogo tra due punti ineluttabilmente lontani, ma sempre trasversalmente in contatto, all’armonia come all’inquietudine.